Con una recente ordinanza (09.02.2022) il Tribunale di Torino si è espresso in merito alla contraffazione di alcuni marchi registrati da una cantina vinicola, principalmente per prodotti vinicoli in classe 33. Nella succitata ordinanza il Tribunale torinese ha inoltre colto l’occasione per precisare la differenza tra l’istituto giuridico della convalidazione, previsto dall’art. 28 del Codice di proprietà industriale, ed il diverso, seppur rilevante, fenomeno della tolleranza rispetto all’uso di un marchio di fatto successivo da parte del titolare del marchio registrato anteriore.
I marchi oggetto di causa, riportati sulle etichette delle bottiglie, erano costituiti in particolare dalla parola “SOLO” accompagnata dal tipo di vino (pinot, prosecco, shiraz, etc…) o di bevanda alcolica (grappa). Si trattava di marchi regolarmente registrati dalla titolare a livello nazionale.
In particolare il marchio invocato nel procedimento cautelare era il seguente:
La ricorrente, una cantina vinicola di Frascati, ha contestato quindi ad una concorrente presente nel territorio piemontese, l’utilizzo del marchio di fatto “SOLO PINOT NERO” per prodotti vinicoli, invocando la contraffazione del suo marchio anteriore registrato in forza dell’art. 20 C.p.i. (usando la resistente un marchio identico o molto simile a quello della ricorrente per prodotti identici).
La difesa della resistente si fondava in primo luogo sull’eccezione, rigettata dal giudice, dell’intervenuta convalidazione ai sensi dell’art. 28 C.p.i.. Tale norma prevede che il titolare di un marchio registrato che per 5 anni consecutivi, tolleri, essendone a conoscenza, l'uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile, non possa quindi domandarne la nullità né opporsi all'uso dello stesso per i prodotti o servizi in relazione ai quali il detto marchio è stato usato.
La ratio di tale istituto è da rinvenirsi nel contemperamento di due diversi interessi da un lato, quello del titolare del marchio posteriore a non veder vanificati gli investimenti sostenuti nel corso degli anni per l'accreditamento del proprio segno e dall'altro lato, quello del consumatore a non vedersi mutata repentinamente una situazione di fatto ormai consolidata.
La norma è chiara nel riservare quindi il beneficio della convalidazione ai soli marchi posteriori registrati e la giurisprudenza prevalente è allineata sull’interpretazione letterale della norma. Tuttavia negli anni, anche sulla scorta di alcuni spunti dottrinali, tale interpretazione letterale è parsa venire meno. Proprio nel settore vinicolo e proprio il Tribunale di Torino nel 2016 infatti aveva chiaramente lasciato intravedere la possibilità di un’interpretazione (estensione) analogica della norma sulla convalida anche ai marchi di fatto.
Con la sentenza n° 2256/16 del 22.4.16 il Tribunale di Torino infatti aveva chiaramente argomentato circa l’opportunità che il beneficio della convalida fosse esteso ai marchi di fatto: secondo il Tribunale, poiché il marchio di fatto trova tutela nelle norme sulla concorrenza sleale, norme che recepiscono “principi di tutela della ricchezza prodotta dagli investimenti e di avversione verso le iniziative parassitarie”, si deve addivenire “se non ad una applicazione analogica dell’istituto della convalidazione ai marchi non registrati – quantomeno” a negare tutela ad un marchio “rispetto a segni uguali o simili utilizzati per lungo tempo nella consapevolezza e senza l’opposizione del titolare del marchio”.
Ebbene con l’ordinanza del febbraio 2022 lo stesso tribunale di Torino sembra invece tornare sui propri passi: secondo il Tribunale “Premesso che non potrebbe comunque parlarsi di convalidazione del marchio, ex art. 28 CPI, perché tale effetto è prescritto solo con riferimento ai marchi registrati, la tolleranza dell’uso del marchio di fatto altrui, da parte del titolare del marchio registrato anteriore, potrebbe dimostrare l’assenza di un astratto pericolo di confusione circa la diversa provenienza imprenditoriale e comportare un limite alla tutelabilità del marchio anteriore”.
Pur negando quindi estensioni analogiche della norma sulla convalidazione ai marchi non registrati, il Tribunale mette in risalto la rilevanza, ai fini dell’esclusione del rischio di confusione e quindi della contraffazione, di comportamenti di tolleranza rispetto ai marchi di fatto posteriori da parte di titolari di marchi registrati anteriori. Tuttavia anche nel caso della tolleranza, il Tribunale ricorda i limiti dell’operatività della stessa: “la fattispecie della “tolleranza” non è ravvisabile laddove non sia provata una conoscenza effettiva, da parte del titolare del marchio anteriore, del successivo utilizzo, per un certo tempo, del marchio di fatto altrui”.
“Ai fini del riconoscimento di questa ”tolleranza” non è sufficiente una presunta inattività del titolare del marchio anteriore rispetto all’utilizzo del marchio posteriore, ma è necessario che il titolare del marchio registrato anteriore abbia posto in essere, pur conoscendo tale utilizzo, dei comportamenti che possano considerarsi di tolleranza di tale uso (Trib. Venezia Sez. PI, 20/10/2006).”
L’onere della prova di questa tolleranza incombe sul titolare del marchio posteriore. Il titolare del marchio posteriore deve provare, non soltanto che il titolare del marchio anteriore era a conoscenza del deposito del marchio posteriore, in modo concreto e non su base presuntiva, ma anche che il titolare del marchio anteriore si è dimostrato tollerante a tale uso per un certo periodo. E’ necessaria, dunque, la prova (o il relativo fumus) dell’effettiva conoscenza dell’utilizzo del marchio posteriore, perché in assenza di una effettiva conoscenza dell'uso dell'altrui marchio, non si può neppure parlare di tolleranza (Trib. Torino 15/1/2010).