Con una conoscenza del marchio che supera il 90% della popolazione mondiale, Mickey Mouse è ancora oggi il personaggio animato più conosciuto a livello internazionale da adulti e bambini.
A quasi 100 anni dalla sua creazione, Topolino incarna l’essenza dell’azienda Disney e tra merchandising, remake, giochi, accessori, parchi a tema e altri servizi il suo sfruttamento vale ancora miliardi di dollari.
L’amore di Walt Disney per Mickey Mouse - che è anche stato il suo principale asset aziendale - l’ha portato a studiare efficaci strategie al fine di estendere i diritti di proprietà intellettuale del suo personaggio e da consentirgli di continuare a sfruttare la sua immagine in modo esclusivo.
Topolino e la tutela del Copyright negli USA
La prima legge che tutelava il diritto d’autore negli USA fu il Copyright Act del 1790 che garantiva una protezione delle opere creative per 28 anni.
Con due successivi provvedimenti legislativi il Congresso aveva ampliato la tutela e il periodo di protezione era stato esteso a 42 anni con l’emendamento del 1831 e a 56 con quello del 1909.
Nell’autunno del 1928 Disney presentò al pubblico il corto animato “Steamboat Willie” in cui compare per la prima volta il personaggio di Mickey Mouse. Il corto – in quanto opera intellettuale - ricadeva sotto la protezione prevista dal Copyright Act del 1909 e garantiva una protezione della durata di 56 anni. Il personaggio di Mickey Mouse sarebbe quindi stato tutelato fino al 1984 per poi cadere in pubblico dominio. Per evitare che ciò accadesse, Disney, già all’inizio degli anni ’70, cominciò ad esercitare pressioni sul Congresso degli USA affinché modificasse la legislazione vigente in materia di diritto d’autore. Nel 1976 la normativa venne ampiamente emendata ed avvicinata agli standard europei garantendo una protezione da un minimo di 56 anni ad un massimo di 75. Disney era così riuscito ad estendere la protezione per il suo personaggio di quasi un ventennio.
Nonostante questo indiscusso successo, la battaglia di Disney per continuare a sfruttare in esclusiva i suoi personaggi non si arrestò. Già all’inizio degli anni ’90 l’azienda cominciò ad esercitare nuove attività di lobbying per l’estensione del copyright: questa volta non era in gioco solo il copyright di Mickey Mouse ma anche quello di Minnie, Donald Duck, Daisy, Goofy e Pluto che sarebbero caduti in pubblico dominio entro la fine del primo decennio degli anni 2000.
Alla fine degli anni ’90, il Congresso ha presentato un’ulteriore proposta per l’estensione della durata della protezione garantita dal Copyright Act.
La proposta prevedeva l’estensione del copyright per le aziende da 75 a 95 anni.
Topolino e la sua banda: nuovo design per l’estensione della protezione e registrazione del marchio
Nel 1998 la riforma è stata approvata ed il Copyright di Topolino e i suoi colleghi è stato prorogato per altri 20 anni.
La data prevista al momento per la scadenza del copyright di Mickey Mouse è il 2024.
Ciò che però è necessario notare è che il Copyright in scadenza è solo quello di Mickey Mouse con il design della prima versione di Topolino, vale a dire del Topolino così come è stato rappresentato in “Steamboat Willie” e non quello delle versioni successive.
Nei decenni i disegnatori Disney si sono ben preoccupati infatti di modificare le proporzioni della sua fisionomia e di aggiungere accessori al personaggio (ad esempio i guanti gialli, diversi colori nell’abbigliamento), di modernizzare il tratto e di renderlo più in linea con il mutato gusto del tempo.
Oggi i bambini riconoscono Mickey Mouse nella sua attuale versione o in quelle appena precedenti ma faranno fatica ad identificare lo stesso personaggio nel Topolino di “Steamboat Willie”.
Oltre alle considerazioni fatte sul copyright di Mickey Mouse è bene ricordare che la mascotte è protetta anche come marchio registrato e garantisce a Disney la possibilità di utilizzarlo in maniera esclusiva e illimitata in tutto il mondo con il solo onere di provvedere al suo rinnovo.
Il remake dei “Classici” Disney
A partire dal 2010 Disney ha riproposto i suoi “Classici” (che sono adattamenti di opere di altri autori i cui diritti sono in molti casi scaduti) presentando delle versioni più moderne dei cartoni animati più amati di sempre.
E’ ragionevole ipotizzare che Disney, riproponendo delle nuove versioni dei classici, volesse raggiungere molteplici obiettivi. Tra questi vi è sicuramente quello di attrarre nelle sale cinematografiche un vasto pubblico con la certezza di incontrare il gusto di un folto gruppo di appassionati – composto da adulti e bambini – che già conoscevano la storia ed erano fan dei protagonisti. Inoltre, con l’avvicinarsi della scadenza del copyright – così come era successo con Mickey Mouse – il remake era la perfetta occasione per modernizzare il design di molti personaggi e rivisitarli in chiave moderna (in alcuni casi i disegni animati sono stati sostituiti da attori in carne ed essa). Così facendo Disney ha avuto la possibilità di sostituire le vecchie produzioni con quelle nuove e di poter godere di un nuovo ed intero periodo di protezione per le sue opere creative. In questo modo l’azienda ha anche avuto la possibilità di continuare ad utilizzare i suoi personaggi per il vastissimo assortimento di merchandising o dare in licenza i diritti di sfruttamento.
La strategia del “remake” ha inoltre permesso a Disney di rimuovere dai classici le parti di sceneggiatura non più in linea con i tempi (ad esempio battute sessiste sul ruolo della donna nel contesto familiare, modelli di famiglia in contrasto con l’evoluzione della società, scene in cui i protagonisti erano sotto l’effetto di sostanze dannose).
La storia di Disney dimostra come tutelare gli asset di proprietà intellettuale di un’azienda sia a fondamento di un successo planetario e che dura da quasi un secolo. Strutturare un’efficace tutela IP deve pertanto essere alla base della strategia aziendale di ogni realtà che vuole imporsi come leader nel suo settore per gli anni avvenire.