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Operazioni a premio: rapporti con Facebook e Instagram

Mattia Raffaelli - PartnerSofia Mercedes Bovoli– Trainee

Mattia Raffaelli - Partner

Sofia Mercedes Bovoli– Trainee

Accade sempre più spesso di imbattersi sui Social Network, quali Facebook e Instagram, in operazioni e concorsi che prevedono l’assegnazione di premi, sconti e rimborsi attribuiti agli utenti in cambio della pubblicazione di un “post” o della condivisione di una “storia” su Instagram.

Questi fenomeni, sempre più in crescita, sono infatti vincenti attività di Marketing che hanno come idea centrale quella di rendere protagonisti dell’attività promozionale gli utenti stessi, invitandoli a realizzare contenuti e a promuovere in prima persona un determinato prodotto.

Dal punto di vista giuridico però, la normativa applicabile è piuttosto rigida e, al contrario delle manifestazioni a premio, non fa sconti.

Il nostro ordinamento prevede una disciplina (DPR 430/2001) che ricomprende la maggior parte delle manifestazioni a premio che siamo abituati a vedere sui Social Network e le distingue tra: •concorsi a premio •operazioni a premio I primi consistono in iniziative promozionali attraverso le quali vengono aggiudicati premi senza alcuna condizione d’acquisto, perciò l’attribuzione del premio dipenderà unicamente dalla sorte, da un sistema informatico o da un algoritmo. Le seconde, invece, consistono nell’indizione di un contest con il quale viene offerto un premio a tutti coloro che abbiano acquistato un prodotto durante il periodo di indizione della promozione. Sono previste solo poche eccezioni e deroghe alla disciplina, ad esempio, restano escluse dall’applicazione della normativa i concorsi che hanno finalità sociali, quelli che prevedano la produzione di opere letterarie, scientifiche o artistiche oppure nel caso in cui il premio sia rappresentato da uno sconto o da oggetti di minimo valore.

Occorre inoltre considerare che per organizzare un concorso sui principali Social Network, quali Facebook e Instagram, è necessario rispettare le specifiche condizioni previste in materia dal Social Network stesso ed in particolare, escludere esplicitamente nel regolamento della promozione ogni associazione allo stesso, manlevandolo da responsabilità che possano derivare dall’indizione dell’operazione o del concorso.

Inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico, mediante le FAQ aggiornate e pubblicate il 13 febbraio 2020, ha chiarito alcuni punti particolarmente spinosi della normativa.

Si è infatti evidenziato come sia possibile escludere l’associazione con i Social Network e di conseguenza dispensarli da ogni responsabilità, solo nel caso in cui si garantiscano le pari opportunità per tutti i partecipanti. Pertanto, l’iscrizione al Social Network non può costituire un limite alla partecipazione all’iniziativa promozionale e sarà, quindi necessario riservare la partecipazione al concorso solo a coloro che erano già iscritti al Social Network prima dell'inizio della promozione oppure offrire agli utenti la possibilità di partecipare anche mediante modalità diverse e alternative.

Altro elemento importante e particolarmente limitante è la localizzazione del server di acquisizione delle partecipazioni alla promozione che necessariamente deve trovarsi sul territorio italiano.

In conclusione, l’organizzazione di operazioni o concorsi a premio può a volte non risultare semplice ed immediata. Sarà necessario un lasso di tempo minimo di preparazione ad esempio per provvedere alla redazione di un dettagliato regolamento e talvolta, nei casi richiesti dalla normativa, per comunicare avviso dell’indizione del concorso al Ministero delle Attività produttive, per versare la cauzione pari al valore dei premi nel loro complesso o per dotarsi di una privacy policy a prova di GDPR.

Pubblicità occulta e Social Media

Il mercato pubblicitario sta cambiando e sempre più comuni sono diventate le pubblicità indirette o, peggio, occulte in internet e sui social network più popolari.

La pubblicità indiretta è un tipo di pubblicità che compare in maniera chiara ed esplicita in spazi non tipicamente pubblicitari, senza però essere segnalata come tale. È invece pubblicità occulta la pubblicità che avviene in modo non palese. Questa pratica è vietata dalla legge italiana ma limitatamente alla televisione. E, sebbene film e telefilm siano un terreno fertile per il proliferare di questo tipo di sponsorizzazione, nuove sfide si sono aperte soprattutto sui social network. Infatti, dato che questi spazi rappresentano una nuova opportunità di manifestazione del proprio pensiero e dei propri interessi e gusti e un nuovo mezzo per apprendere e condividere informazioni e contenuti, anche le aziende hanno cominciato ad utilizzarli, in maniera esplicita o poco manifesta.

Da una parte troviamo veri e propri spot pubblicitari, come le sponsorizzazioni dichiarate, anche se non del tutto controllate: Facebook e Instagram, ad esempio, verificano che le inserzioni non contengano contenuti illeciti o proibiti dal regolamento interno, ma non controllano la veridicità delle informazioni comunicate, né la loro congruità a delle norme, visto che non esiste alcun codice di disciplina da rispettare.

Dall’altra c’è l’advertising che non si dichiara ma si fa, il cosiddetto product placement all’interno dei profili più cliccati.

A questo proposito, lo scorso gennaio la Competition and Markets Authority, agenzia governativa inglese che tutela la concorrenza sui mercati, si è pronunciata contro la pubblicità occulta, ovvero quella forma di pubblicità che non è indistinguibile da contenuti comuni nelle foto o nei video pubblicati. Chi si era spinta molto oltre era stata, tempo prima, la Federal Trade Commission americana che, per la prima volta, ha affrontato la questione, chiedendo alle celebrità della moda, dello sport e in generale agli influencer di rendere riconoscibili le loro redditizie collaborazioni commerciali attraverso hashtag o commenti.

Una normativa di riferimento però non c’è ancora e nemmeno le condizioni di utilizzo di siti come Instagram prevedono qualche tipo di regola. Ci si domanda quindi se si tratti di attività conformi alle norme del nostro ordinamento, in relazione soprattutto alla tutela il consumatore che, oltre a non dover essere soggetto a spot non veritieri e ingannevoli, ha diritto di poter distinguere i contenuti a scopo pubblicitario da quelli di puramente “di tenedenza”.

Recentemente, l’Unione Nazionale Consumatori ha interrogato l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per chiedere che si verificasse la legittimità dell’attività pubblicitaria occulta sui social network. La base giuridica di tale contestazione è l’articolo. 22 del Codice del Consumo secondo il quale l’intento commerciale dev’essere esplicitamente indicato qualora non sia reso evidente dal contesto o, comunque, se è idoneo a indurre in errore il consumatore.

L’AGCM dovrebbe dunque fare chiarezza e fornire informazioni adeguate sia sul rapporto interno tra produttore e influencer, sia sulla necessità di indicare in maniera esplicita e senza alcuna possibilità di fraintendimento il fine pubblicitario dell’attività.

Nel frattempo, Instagram ha lanciato un nuovo tag,Paid Partnership with”, in modo che gli utenti possano inserirlo sia nelle storie che nei post pubblicati per denunciare la presenza di una pubblciità. In alternativa, molte blogger, tra cui la più celebre è Chiara Ferragni, hanno iniziato ad utilizzare alcuni “claim-hashtag”, come #ad, #advertisement o #pubblicità, per evidenziare lo scopo commerciale della loro foto, in modo da contribuire, seppur in modo non sufficiente, ad una tutela del consumatore.

 

Usi Instagram?

Usi Instagram?

Instagram, così come altre applicazioni di condivisione di immagini, deve ricevere il consenso dai suoi utenti di poter legittimamente mostrare le loro immagini online, altrimenti violerebbe il loro diritto d’autore. Ovvio no? Forse, ma c’è dell’altro...

1.    L’utente garantisce una Licenza

“Instagram NON rivendica alcuna titolarità su testi, file, immagini, foto, video, suoni, opere musicali, opere d’autore, applicazioni o altri materiali (collettivamente definiti come “Contenuto”) che l’utente posta su o tramite Instagram. Mostrando o pubblicando (“postando”) qualsiasi Contenuto su Instagram, l’utente garantisce a Instagram una licenza universale, non esclusiva e libera da qualsiasi onere o diritto, di utilizzare, modificare, cancellare, aggiungere, produrre e mostrare pubblicamente, riprodurre e tradurre tale Contenuto, inclusa, senza limitazione alcuna, la distribuzione di tutto o parte del Sito in qualsiasi formato digitale tramite qualsiasi canale...”

Questo vuol dire che sei ancora il titolare delle tue fotografie? In teoria sì, ma loro possono usarle quando e come vogliono. Per il momento, usano le foto degli utenti per finalità apparentemente innocue, come post di blog e simili, cosicchè sembrerebbe vero il fatto che le possibilità che Instagram utilizzi il Contenuto degli utenti per scopi di lucro non siano così alte. Quella clausola, comunque, è ancora lì. Senza contare il fatto che se sei su Instagram, tu di fatto l’hai già accettata.

2.    A meno che il tuo account non sia impostato su “Privato”

“...solo il Contenuto non condiviso pubblicamente (“privato”) non verrà distribuito al di fuori di Instagram.”

Ottimo! Ma se invece usi Instagram per avere sempre più seguaci (“followers”)?

3.    Dichiarazione e garanzie...

“L’utente dichiara e garantisce che (i) è il titolare del Contenuto da lui postato su o tramite Instagram o comunque possiede il diritto di concedere la licenza di cui alla presente sezione, (ii) la pubblicazione e l’uso del suo Contenuto non viola diritti di privacy, pubblicità, d’autore, diritti contrattuali, di proprietà intellettuale o altri diritti di qualsiasi persona, e (iii) la pubblicazione del suo Contenuto sul Sito non costituisce violazione di alcun contratto tra lui e terzi. L’utente accetta di pagare qualsiasi royalty, tassa o altra somma di denaro dovuta a qualsiasi persona in ragione del Contenuto che pubblicizza su o tramite Instagram.”

In altre parole, non prendere alcuna foto da Internet per poi pubblicizzarla (“postarla”) su Instagram.

4.    Vuoi rileggere l’ultima frase di quella clausola? Ahia.

“L’utente accetta di pagare qualsiasi royalty, tassa o altra somma di denaro dovuta a qualsiasi persona in ragione del Contenuto che pubblicizza su o tramite Instagram.”

In altre parole, i gestori di Instagram hanno le spalle coperte. Loro non pagheranno un centesimo se sei nei guai. Questo è il motivo per il quale è meglio non essere citati in giudizio (a parte questo, per altre ovvie ragioni). Se la persona fisica o giuridica che ti cita decide di chiamare in causa anche Instagram (cosa che probabilmente farà visto che è il suo servizio che hai utilizzato), sulla base di questa clausola, potresti trovarti a pagare il tuo avvocato E l’avvocato di Instagram. Tutto ciò, in aggiunta al risarcimento dei danni che hai causato per aver infranto i diritti d’autore. Ahia? AHIA.

A parte questo... Instagram è grandioso!