Antitrust

Abusi di dominanza. Google/Android

L’Autorità antitrust italiana (AGCM) ha mostrato rinnovata attenzione nel combattere gli abusi di dominanza, sanzionando pesantemente Google (€102 milioni) per aver ostacolato l’accesso su Android Auto (AA - di proprietà di Google) ad un’applicazione (Juicepass) sviluppata da Enel e finalizzata alla ricerca/prenotazione di colonnine di ricarica elettrica per auto. La negata interoperabilità tra JuicePass e AA comportava che quando l’utente/conducente cercava le colonnine di ricarica su AA per localizzarle e prenotarsene una, quelle di JuicePass non gli apparivano.

Google, in tal modo, ha favorito la propria app Google Maps (e i suoi clienti inserzionisti di pubblicità, concorrenti di Enel), che poteva essere utilizzata su Android Auto, consentendo servizi funzionali alla ricarica dei veicoli elettrici in concorrenza con JuicePass. Quanto alla soglia di dominanza, ricordiamo che Android, e quindi AA, è utilizzato da circa il 75% degli utilizzatori, una quota che rende certamente difficile confutare la dominanza di Google su questo mercato.

Questo caso mostra nuovamente la necessaria cautela per le prescrizioni del diritto antitrust che deve guidare le imprese dominanti nella definizione delle loro politiche commerciali.

L’Autorità di Concorrenza avvia istruttoria per abuso di dipendenza economica nel franchising.

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria nei confronti del gruppo Benetton (ramo vestiti) per un abuso di dipendenza economica ai sensi dell’articolo 9, comma 3 bis, della legge 18 giugno 1998, n. 192, riguardo ai suoi contratti di franchising stipulati con rivenditori indipendenti (franchisee) di prodotti a marchio Benetton.

È questo un provvedimento del tutto inusuale che mostra l’attenzione dell’Autorità per questo tipo di condotta e che per questo motivo segnaliamo.

Secondo l’Autorità Benetton avrebbe imposto ai suoi rivenditori di mantenere una struttura di vendita e un’organizzazione commerciale rigorosamente disegnata sulle sue esigenze, in considerazione del fatto che si garantisce contrattualmente la possibilità di fissare regole e parametri organizzativi idonei a irrigidire la struttura aziendale del franchisee, fino a ostacolarne, se non impedirne, di fatto la sua eventuale riconversione con altro fornitore.

L’Autorità censura l’uso discrezionale da parte di Benetton di alcune clausole contrattuali invasive e che le consentirebbero di incidere su scelte strategiche del rivenditore, quali la definizione delle proposte e/o degli ordini di acquisto, non solo in termini di tempistica, ma anche di quantitativi.

In tal modo, Benetton potrebbe avere condizionato in maniera significativa l’attività economica del franchisee, al quale sarebbe di fatto impedito di gestire in autonomia la propria attività commerciale.

Il Gruppo Benetton detiene una posizione di sicuro rilievo nel mercato dell’abbigliamento, con un marchio che gode di una forte attrattiva commerciale, e dunque la vicenda è rilevante non solo sul piano del singolo rapporto contrattuale, ma anche per la tutela della concorrenza e del mercato. L’utilizzo del modello contrattuale in esame da parte di un soggetto che gestisce una significativa rete commerciale in franchising potrebbe avere, infatti, un impatto significativo su tutti gli imprenditori che costituiscono la rete in questione, a danno del gioco concorrenziale nel mercato.

Ciò lascerebbe, peraltro, credere che, allorquando l’impresa che abusa non gode di una posizione di rilievo nazionale, l’Autorità non si reputerebbe competente, lasciando che del caso se ne occupi eventualmente il giudice civile.

L’indagine, per il momento, non copre l’eventuale imposizione di un prezzo di rivendita, la cui liceità nel franchising è da sempre oggetto di discussione, diversamente dagli altri contratti di distribuzione/rivendita dove essa è, invece, considerata sempre illecita.

L’Antitrust detta le linee guida nei rapporti tra clienti, agenzie e microinfluencer.

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Il 15 marzo si è concluso un procedimento avviato dall’Antitrust che ha coinvolto per la prima volta 9 micro influencer che si sono occupati del lancio della crema da spalmare “Pan di Stelle”.

Da tempo oramai l’autorità antitrust si sta occupando, come del resto di sua competenza, di diverse segnalazioni per pubblicità occulta diffusa con i nuovi media, come nel recente caso Alitalia / Alberta Ferretti.

Anche in questo caso l’Antitrust non ha irrogato alcuna sanzione nei confronti dei soggetti coinvolti, accettando gli impegni che Barilla e i micro-influencer si sono resi disponibili ad assumersi.

L’Antitrust ha valutato positivamente gli impegni assunti dalle parti coinvolte nel procedimento che iniziano a delinearsi come delle vere e proprie linee guida, tanto per le società lanciano la campagna di influencer marketing quanto per gli influencer che promuovono i prodotti/servizi oggetto della campagna e per le agenzie che mediano il rapporto tra cliente ed influencer.

Le linee guida che emergono dalla decisione dell’Autorità Antitrust possono riassumersi come segue:

Quanto alle aziende:

1.       dovrebbero utilizzare nei rapporti con influencer uno standard contrattuale che contenga delle clausole sanzionatorie (quali riduzione di corrispettivi e/o penali e/o sospensione di pagamenti) nei confronti degli influencer;

2.       dovrebbero inserire nel contratto tra cliente ed agenzie delle clausole volte a responsabilizzare le agenzie stesse. Queste dovranno vigilare attentamente sull’operato degli influencer attivandosi tempestivamente, anche su segnalazione del cliente, per garantire l’osservanza delle Linee Guida.

Quanto ai micro-influencer costoro dovrebbero:

1.       inserire, nei post contenenti l’immagine o la menzione di prodotti ricevuti dai brand nei cui confronti non hanno assunto obblighi di svolgere attività di promozione, hashtag quali #suppliedbybrand o #brandgift o #fornitodabrand, o altra dicitura simile;

2.       inserire, nei post pubblicati nell’ambito di un rapporto di collaborazione con il brand, gli hashtag #pubblicitàbrand o #sponsorizzatodabrand o #advertisingbrand o #inserzioneapagamentobrand;

3.       non ripubblicare i contenuti autorizzati e selezionati dai brand committenti, a meno che il contratto non lo preveda espressamente con i relativi vincoli.

Questa decisione che traccia delle linee guida che danno maggiore certezza nei rapporti contrattuali tra imprese ed influencer.