L’Autorità di Concorrenza avvia istruttoria per abuso di dipendenza economica nel franchising.

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria nei confronti del gruppo Benetton (ramo vestiti) per un abuso di dipendenza economica ai sensi dell’articolo 9, comma 3 bis, della legge 18 giugno 1998, n. 192, riguardo ai suoi contratti di franchising stipulati con rivenditori indipendenti (franchisee) di prodotti a marchio Benetton.

È questo un provvedimento del tutto inusuale che mostra l’attenzione dell’Autorità per questo tipo di condotta e che per questo motivo segnaliamo.

Secondo l’Autorità Benetton avrebbe imposto ai suoi rivenditori di mantenere una struttura di vendita e un’organizzazione commerciale rigorosamente disegnata sulle sue esigenze, in considerazione del fatto che si garantisce contrattualmente la possibilità di fissare regole e parametri organizzativi idonei a irrigidire la struttura aziendale del franchisee, fino a ostacolarne, se non impedirne, di fatto la sua eventuale riconversione con altro fornitore.

L’Autorità censura l’uso discrezionale da parte di Benetton di alcune clausole contrattuali invasive e che le consentirebbero di incidere su scelte strategiche del rivenditore, quali la definizione delle proposte e/o degli ordini di acquisto, non solo in termini di tempistica, ma anche di quantitativi.

In tal modo, Benetton potrebbe avere condizionato in maniera significativa l’attività economica del franchisee, al quale sarebbe di fatto impedito di gestire in autonomia la propria attività commerciale.

Il Gruppo Benetton detiene una posizione di sicuro rilievo nel mercato dell’abbigliamento, con un marchio che gode di una forte attrattiva commerciale, e dunque la vicenda è rilevante non solo sul piano del singolo rapporto contrattuale, ma anche per la tutela della concorrenza e del mercato. L’utilizzo del modello contrattuale in esame da parte di un soggetto che gestisce una significativa rete commerciale in franchising potrebbe avere, infatti, un impatto significativo su tutti gli imprenditori che costituiscono la rete in questione, a danno del gioco concorrenziale nel mercato.

Ciò lascerebbe, peraltro, credere che, allorquando l’impresa che abusa non gode di una posizione di rilievo nazionale, l’Autorità non si reputerebbe competente, lasciando che del caso se ne occupi eventualmente il giudice civile.

L’indagine, per il momento, non copre l’eventuale imposizione di un prezzo di rivendita, la cui liceità nel franchising è da sempre oggetto di discussione, diversamente dagli altri contratti di distribuzione/rivendita dove essa è, invece, considerata sempre illecita.