Un pay-off (o slogan) è registrabile come marchio?

Molto spesso ci viene chiesto di depositare come marchio un determinato slogan (pay-off) e la risposta spesso non è così scontata.

Quando si parla di pay-off in quest’ambito si pensa subito al noto JUST DO IT di Nike – che conta oltre cento registrazioni nel mondo - o all’altrettanto noto “I’m lovin it” di Mc Donald – anch’esso depositato e registrato dalla multinazionale americana in tutto il mondo.

Non sempre però il pay-off è registrabile come marchio, anche se in realtà, sono possibili altre forme di tutela, alternative e diverse dalla registrazione.

Recentemente, per esempio il Tribunale dell’UE con sentenza del 30 giugno 2021 ha rigettato in appello la domanda di registrazione del marchio figurativo

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da parte di una società italiana produttrice di prodotti da bagno, in particolare per “cassette di scarico per WC; tazze da gabinetto [WC]; impianti di distribuzione di acqua”.

Prima di questa, anche altre decisioni a livello europeo, e non solo, avevano negato la registrabilità di alcuni slogan rilevandone l’assenza di capacità distintiva: fra queste, la sentenza del Tribunale UE 30/04/2015 (cause riunite T-707/13 e T-709/13) sul marchio denominativo “BE HAPPY” per prodotti di cartoleria, oggettistica (tazze e prodotti da cucina) e giocattoli.

Nonostante il carattere fantasioso ed originale del segno, i giudici comunitari hanno negato che quest’ultimo fosse atto a svolgere la funzione tipica e principale del marchio, vale a dire quella di indicare la fonte imprenditoriale del prodotto o servizio al quale si riferisce.

Similmente nella sentenza del 9 marzo 2017, in Puma/EUIPO, T-104/16, il Tribunale aveva negato la registrabilità del segno Forever Faster per calzature e articoli sportivi ritenendo che il marchio sarebbe stato percepito dal pubblico “come una semplice formula elogiativa o un'informazione sulle qualità desiderate e sullo scopo dei prodotti in questione”.

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Diversamente, tuttavia, si riscontrano altri precedenti che invece hanno approvato la registrazione di pay-off apparentemente non molto dissimili dagli altri appena visti. Così, la Sentenza della Corte di Giustizia UE del 21.1.2010 resa nel giudizio C-398/08 P (Audi AG) ha considerato registrabile come marchio figurativo il pay-off di Audi “vorsprung durch technik” [“Avanti grazie alla tecnologia”]

In questo caso secondo il Tribunale “anche supponendo che lo slogan «Vorsprung durch Technik» veicoli un messaggio obiettivo, secondo il quale la superiorità tecnologica permette la fabbricazione e la fornitura di prodotti e servizi migliori, tale circostanza non consente di concludere che il marchio richiesto sia del tutto privo di carattere distintivo intrinseco”. Sempre nella citata sentenza si legge: “Tutti i marchi composti da segni o da indicazioni che sono peraltro utilizzati come slogan pubblicitari, indicazioni di qualità o espressioni che incitano all’acquisto dei prodotti o dei servizi designati da tali marchi veicolano per definizione, in maggiore o minore misura, un messaggio obiettivo. Tale situazione può in particolare riscontrarsi quando questi marchi non si riducono ad un messaggio pubblicitario ordinario, ma possiedono una certa originalità o ricchezza di significato, rendono necessario un minimo sforzo interpretativo o innescano un processo cognitivo presso il pubblico di riferimento.

Come si possono distinguere quindi gli slogan registrabili da quelli non registrabili?

L’Euipo sulla base della giurisprudenza prodotta in questi anni, ha messo a disposizione una serie di linee guida (rinvenibili sul sito https://guidelines.euipo.europa.eu/1922901/1802830/direttive-di-marchi/4-slogan--valutazione-del-carattere-distintivo) utili ad individuare quando lo slogan presenta non solo un valore pubblicitario, ma anche un carattere distintivo:

“È possibile che uno slogan pubblicitario sia distintivo ogniqualvolta è considerato più di un semplice messaggio pubblicitario che esalta le qualità dei prodotti o dei servizi in questione, in quanto:

  • costituisce un gioco di parole e/o

  • introduce elementi di intrigo concettuale o sorpresa, in modo che possa essere percepito come segno fantasioso, sorprendente o inaspettato, e/o

  • ha qualche particolare originalità o risonanza e/o

  • innesca nella mente del pubblico di riferimento un processo cognitivo o richiede uno sforzo interpretativo.

Oltre a quanto sopra, le seguenti caratteristiche di uno slogan possono contribuire perché possa essere riconosciuto il suo carattere distintivo:

  • strutture sintattiche insolite
  • l’uso di artifici linguistici e stilistici, come ad esempio allitterazioni, metafore, rima, paradosso ecc

Alla luce di queste guidelines e della recente sentenza del Tribunale Comunitario sul marchio GO CLEAN il quadro sembra essere più chiaro: ferma restando la funzione di indicatore di origine che deve avere il marchio, questa può essere assolta anche attraverso uno slogan pubblicitario purché lo stesso non si riduca ad una “semplice formula elogiativa”.

Il marchio deve quindi innanzi innanzitutto indicare al pubblico la provenienza di un prodotto o servizio da una determinata fonte imprenditoriale. Secondariamente, il marchio svolge senza dubbio anche una funzione pubblicitaria.

Ma quando quindi la funzione distintiva del marchio resiste nonostante il carattere spiccatamente pubblicitario dello stesso?

Più chiara rispetto ai precedenti citati appare l’ultima decisione in commento del Tribunale secondo cui:

“41 - È infatti sufficiente, per constatare l’assenza di carattere distintivo, rilevare che il marchio contestato indica al consumatore una caratteristica del prodotto relativa al suo valore commerciale che, senza essere precisa, deriva da un’informazione a carattere promozionale o pubblicitario che il pubblico di riferimento percepirà in primis in quanto tale, piuttosto che come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti.

42 - Orbene, nel caso di specie, il pubblico di riferimento non avrà bisogno di fare alcuno sforzo interpretativo per comprendere la locuzione «go clean» come un’espressione che incita all’acquisto e che enfatizza l’attrattività dei prodotti di cui trattasi, rivolgendosi direttamente ai consumatori e invitandoli ad acquistare prodotti che offrano loro una maggiore pulizia e una migliore igiene”.

Si potrebbe dire che quindi che quando lo slogan, non è banale e scontato ma impone comunque al consumatore un certo sforzo interpretativo per coglierne il significato, lo stesso si candida ad essere accettato come marchio.

È bene ricordare che un parametro fondamentale per valutare il carattere distintivo di un segno è il “pubblico di riferimento”.

Lo slogan quindi può essere registrato come marchio se dotato di sufficiente capacità distintiva e percepito dal pubblico di riferimento, come un segno che indica la provenienza imprenditoriale di un prodotto o servizio e non solo un’espressione elogiativa o semplice messaggio promozionale: “31 Un tale marchio deve essere considerato privo di carattere distintivo se è idoneo ad essere percepito dal pubblico di riferimento soltanto come una semplice formula promozionale”.

Un suggerimento potrebbe essere quello di non effettuare subito un deposito di uno slogan, ma di attendere che lo stesso abbia acquisito una certa diffusione e notorietà tra il pubblico, un cosiddetto secondary meaning insomma, che lo renda immediatamente ricollegabile ad un certo prodotto (rectius: ad una certa fonte imprenditoriale).

In questo caso infatti la funzione distintiva del marchio “è salva” in quanto garantita dal cosiddetto secondary meaning.