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Divieto di concorrenza nella cessione d’azienda: il silenzio può costare caro

Mattia Raffaelli – Of Counsel Sofia Mercedes Bovoli– Trainee

Mattia Raffaelli – Of Counsel

Sofia Mercedes Bovoli– Trainee

Importante disposizione che occorre tener in considerazione quando ci si appresta a una cessione di azienda, di un ramo di azienda o in ogni caso ad un’operazione assimilabile alla stessa, è l’art. 2557 del codice civile in materia di concorrenza.

L’art. 2557 c.c. sancisce, a specifica tutela dell’acquirente di un’azienda, il divieto per il cedente, in seguito al perfezionamento dell’operazione, di condurre attività concorrenziale, per un periodo di tempo massimo di cinque anni dall’avvenuta cessione. Pertanto, quale effettuo naturale ed automatico della cessione, chiunque proceda all’alienazione di un’azienda dovrà astenersi dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.

Due sono le questioni che occorre evidenziare: da una parte l’applicazione automatica del divieto e dall’altra la forza estensiva e l’applicazione analogica dello stesso.

Analizzando per punti:

a) L’applicazione automatica del divieto: il divieto di concorrenza è posto dal legislatore quale effetto naturale della cessione d’azienda, alla base della funzione economica sociale dell’operazione stessa. Pertanto, nel silenzio delle parti, tale divieto dispiegherà i propri effetti indipendentemente da una esplicita volontà in tal senso. Di conseguenza, se non disposto diversamente, si applicherà automaticamente il divieto nei limiti e alle condizioni imposte dal legislatore.

Tuttavia, è concesso alle parti di derogare al divieto di concorrenza sia nell’ipotesi di un affievolimento che di un irrobustimento dello stesso. Innanzitutto, con riguardo alla durata del medesimo, è possibile prevedere una durata inferiore ai 5 anni previsti dal legislatore, ma mai superiore e ciò in ragione della tutela dell’iniziativa privata del cedente. Inoltre, l’ambito di applicazione del divieto può essere limitato da un punto di vista dell’oggetto o dell’ubicazione e pertanto si potrà impedire al cedente di esercitare l’attività in concorrenza soltanto in un delimitato territorio e per specifiche attività. Al contrario, in maniere specularmente opposta, è possibile prevedere limiti che vadano ad ampliare l’efficacia del disposto normativo, estendendo l’oggetto del divieto ad attività ulteriori rispetto a quelle già esercitate tramite l’azienda ceduta. In ogni caso, le eventuali deroghe “peggiorative” imposte a carico del cedente non possono essere tali da impedire di fatto lo svolgimento di ogni attività professionale da parte del medesimo.

b) Forza estensiva e applicazione analogica del disposto: la Cassazione ha in più di un’occasione ribadito il carattere non eccezionale del divieto e pertanto ha riconosciuto, a più riprese, l’applicazione analogica dell'articolo 2557 c.c.. Di conseguenza, pare opportuno individuare le fattispecie e le operazioni assimilabili alla cessione d’azienda alle quali è possibile estendere tale divieto.

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere possibile l'applicazione analogica del divieto a tutte le ipotesi in cui nella sostanza si realizzino operazioni assimilabili e analoghe alla cessione di azienda o di un ramo di essa. La giurisprudenza ha riconosciuto l’applicazione automatica del divieto anche nel caso della cessione di partecipazioni di maggioranza di una società. La violazione di tale divieto, inoltre, si realizzerebbe sia nel caso in cui i soci cedenti costituiscano una nuova società con medesimo oggetto sociale di quella ceduta sia nel caso in cui gli stessi assumano la qualifica di amministratori in una società concorrente. L’esigenza di tutela del cessionario è sempre la medesima, si pensi, ad esempio, alla possibilità di sviamento della clientela derivante dal subentro nella gestione aziendale di un soggetto che, essendo noto alla clientela, della quale conosce tendenze e abitudini, può avere sulla stessa un a considerevole capacità di attrazione . Pertanto, al fine di valutare la possibile applicazione analogica del disposto dell’art. 2557 c.c., anche in ragione della sua applicazione automatica, occorre valutare caso per caso la volontà sottesa delle parti e il risultato economico che intendono perseguire con una determinata operazione. Non di rado, infatti, la scelta fra cessione d'azienda o di partecipazioni sociali è determinata principalmente da ragioni di opportunità fiscale o di limitazione delle responsabilità del cessionario.

Occorre precisare che la violazione del divieto di concorrenza disciplinato all’art. 2557 c.c. darebbe titolo al cessionario di richiedere:

a) la risoluzione per inadempimento contrattuale.

b) Il risarcimento del danno patito e subito a conseguenza della violazione (pari, ad esempio, al minor guadagno o alla diminuzione del valore dell’azienda dovuto allo sviamento della clientela);

c) l’inibitoria, in via cautelare, della condotta illecita ai sensi dell’art. 700 c.p.c.

In conclusione, tenuto conto dell’effetto automatico della normativa qui analizzata, quando ci si appresta a operazioni che di fatto realizzano una sostituzione di un soggetto a un altro nella conduzione dell'impresa e nell’esercizio di una data attività, è necessario, onde evitare di incorrere in spiacevoli sorprese, muoversi di conseguenza, disciplinando l’applicazione e la portata del divieto.