Conflitto tra Marchi, Ruolo del Licenziatario e Criteri di Confondibilità: il Caso US Polo Association

Nel panorama del diritto industriale, il conflitto tra marchi rappresenta una delle questioni più delicate e strategiche per imprese e licenziatari. Un recente provvedimento del Tribunale di Venezia (ordinanza del 27 gennaio 2025) nel procedimento cautelare tra USPA Global Licensing Inc. e Giangi Srl fornisce spunti preziosi sulla legittimazione ad agire del licenziatario e sui criteri per valutare la confondibilità tra segni distintivi.

Il Ruolo del Licenziatario nei Contenziosi

Il Tribunale ha riaffermato un principio fondamentale: una volta avviata la controversia da parte del titolare del marchio, il licenziatario non può agire autonomamente, ma ha solo il diritto di intervenire nel procedimento promosso dal titolare. Questo limite mira a evitare la frammentazione dei giudizi e la moltiplicazione dei contenziosi paralleli.

Nel caso di specie, USPAGL e IN.CO.M. Spa avevano avviato un procedimento cautelare parallelo a quello già intrapreso dal titolare (USPA) davanti al Tribunale di Genova. Il Giudice ha dunque rilevato il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti per i marchi già oggetto della causa principale. È stato però riconosciuto il diritto del licenziatario ad agire nei confronti di soggetti non coinvolti nella causa pendente (come Pittarello spa) e per marchi non ancora azionati dal titolare.

Confondibilità tra Marchi: La Valutazione del Tribunale

La pronuncia veneziana ha anche offerto un'accurata disamina sulla confondibilità tra i marchi USPA e quelli registrati da Giangi Srl, che pure raffigurano soggetti a cavallo in atteggiamento sportivo.

I Principi Giurisprudenziali Richiamati

Il Giudice ha ribadito che:

La valutazione va compiuta in maniera globale e sintetica, considerando gli elementi visivi, fonetici, concettuali e semantici.

Nei marchi complessi, elementi figurativi e denominativi vanno valutati con pari attenzione.

Il grado di distintività incide sulla tutela: maggiore è la capacità distintiva, più ampio è il perimetro di protezione.

Il Tribunale ha considerato che, pur in presenza di un marchio noto come quello di USPA, l’elemento figurativo del giocatore di polo non gode di esclusiva assoluta. In particolare:

Le immagini nei marchi di Giangi non mostravano giocatori con la mazza da polo, ma con bandiere, una delle quali britannica.

L’impressione visiva e concettuale complessiva era sufficientemente diversa da escludere un rischio di confusione o di associazione diretta.

Pertanto, non sussisteva il fumus di contraffazione né la concorrenza sleale, e il ricorso è stato rigettato con condanna alle spese.

Il Concetto di Distintività: Un Confine Sottile

Il Tribunale ha affrontato anche il tema della distintività del marchio, riaffermando la teoria della “curva della capricciosità”, secondo cui un marchio forte si colloca all’estremo di un collegamento logico assente tra segno e prodotto. Tuttavia, nel caso in esame, l’uso del riferimento al polo non è stato considerato sufficientemente arbitrario, data la sua diffusione nel settore moda e accessori, anche per marchi come Ralph Lauren o La Martina.

Conclusioni

Il caso USPA rappresenta un precedente significativo per imprese e licenziatari: stabilisce limiti chiari alla legittimazione del licenziatario e impone un approccio rigoroso alla valutazione della confondibilità. Non basta una somiglianza generica né l’uso di simboli comuni come quello del polo player per fondare un’accusa di contraffazione. È necessaria una somiglianza sostanziale, capace di generare una confusione concreta nella mente del consumatore medio.

Per i professionisti del settore, la sentenza è un monito a valutare con attenzione la distintività effettiva del marchio e a gestire in modo coordinato e strategico i contenziosi in materia di proprietà industriale.