La tutela del marchio debole tra USA e Italia: i casi Booking.com e “Divani&Divani”.

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Alla fine di giugno la Suprema Corte degli Stati Uniti si è pronunciata sul caso “Booking.com” emettendo una sentenza destinata ad avere ripercussioni sulla registrazione di marchi relativi a termini generici negli Stati Uniti.

La Corte ha riconosciuto al marchio “Booking.com” - di proprietà della società Booking Holdings Inc - la possibilità di essere registrato come marchio a livello federale, nonostante la genericità del termine “booking”.

In passato, il Patent and Trademark Office non aveva concesso la registrazione del marchio Booking.com ritenendo che il marchio fosse “generico”, nonostante una qualifica specifica potesse essere dedotta dalla presenza del “.com”.

Il 30 giugno 2020 la Corte ha invece ribaltato la decisione dell’Ufficio e ha sottolineato l’importanza della percezione che i consumatori hanno del marchio e che Booking.com non è percepito dai consumatori come marchio generico.

Secondo quanto disposto dalla legge degli USA una società non può rivendicare la proprietà del nome di un’intera categoria merceologica poiché ciò costituirebbe un atto di concorrenza sleale nei confronti dei competitors e perché mancherebbe la fondamentale caratteristica della capacità distintiva.

Nel caso di Booking i giudici della Suprema Corte hanno però ravvisato la mancanza di confusione da parte dei consumatori, che nel riferirsi a Booking.com non si riferiscono ad un generico aggregatore di strutture alberghiere bensì ad uno specifico provider che identificano tramite il marchio Booking.com e che garantisce un certo livello di qualità e affidabilità.

Questa sentenza segna l’inizio di un nuovo orientamento giurisprudenziale negli USA e una vittoria per tutte le aziende che hanno investito nell’awareness di marchi deboli che utilizzano termini generici.

Per meglio comprendere la portata del dispositivo e il requisito della capacità distintiva è bene fare riferimento a due categorie di marchio che sono state elaborate in giurisprudenza: quelle marchio debole e il marchio forte.

I marchi deboli sono quelli che risultano concettualmente legati al prodotto in quanto la parola che identifica il marchio corrisponde al termine generico del prodotto o si sostanzia nelle parole generalmente utilizzate per riferirsi al prodotto in questione.

Il marchio forte, invece, non è concettualmente vincolato al prodotto e non è ad esso immediatamente riconducibile.

Il grado di tutela riconosciuto al marchio forte o al marchio debole cambia nei diversi ordinamenti ma in ogni caso al marchio debole viene garantito un livello di tutela inferiore rispetto al marchio forte.

Nel 2015 anche la Corte di Cassazione italiana si era pronunciata sulla capacità distintiva del marchio debole registrato “Divani&Divani” di proprietà della Natuzzi Spa ed era arrivata a ribaltare il precedente dispositivo emesso dalla Corte di Appello.

La Corte d’Appello nel suo giudizio non aveva considerato che, seppure il marchio “Divani&Divani” fosse un marchio debole, questo - con il passare degli anni e a seguito del suo uso commerciale – avesse acquisito una forte capacità distintiva e l’uso di un marchio omonimo da parte di una società concorrente e operante nella stessa area merceologica avrebbe inevitabilmente generato confusione tra i consumatori.

La Corte di Cassazione rilevava invece che, nonostante ”Divani&Divani” fosse un marchio che utilizza parole generiche e di uso comune, prive del carattere dell’originalità abbia acquisito un “secondary meaning” (v. Cass. n. 4294/1974, n. 2884/1985, n. 18920/2004, n. 10071/2008) e sia dotato del carattere distintivo necessario affinchè possa essere riconosciuto dai consumatori.

Queste due sentenze dimostrano come un marchio inizialmente debole e privo del carattere distintivo possa convertirsi in marchio forte a seguito sul suo intenso uso commerciale e di campagne pubblicitarie che ne fanno crescere l’awareness nel pubblico di riferimento e lo rendono distintivo e portatore di un secondary meaning.