Diritti d’autore e generative AI: chi è l’autore “reale”?

Gianpaolo Todisco - Partner

Con l’esplosione delle tecnologie di intelligenza artificiale generativa (dalle piattaforme di testo come ChatGPT alle soluzioni grafiche come DALL·E, MidJourney o Stable Diffusion), il confine tra creatività umana e automatica è diventato sempre più sfumato. Una domanda cruciale domina il dibattito: chi è il vero autore di un contenuto generato dall’AI?

Il diritto d’autore, così come concepito nelle legislazioni nazionali ed europee, si fonda sull’idea di un atto creativo umano. Ma cosa accade quando l’opera nasce – interamente o in gran parte – da un algoritmo?

Lo stato dell’arte normativo

Il diritto d’autore, così come lo conosciamo, è costruito su un presupposto: serve un apporto creativo umano. Senza la “mano dell’uomo”, non c’è tutela.

Per questo motivo, oggi in Europa e in Italia non è possibile attribuire la paternità di un’opera a un software. L’AI viene considerata uno strumento, alla stregua di una macchina fotografica o di un programma di grafica.

La recente legge italiana sull’intelligenza artificiale ha ribadito il concetto: se manca un contributo intellettuale umano, l’opera generata resta fuori dal copyright.

Negli Stati Uniti la posizione è simile. La Copyright Office ha negato registrazioni per opere interamente create da AI, riconoscendo invece tutela solo laddove l’essere umano ha fatto scelte creative sostanziali (ad esempio nella selezione, modifica o combinazione dei risultati).

La Copyright Office americana ha più volte negato la protezione a opere generate esclusivamente da AI. In alcuni casi, ha riconosciuto la tutela solo per la parte di lavoro che riflette decisioni creative dell’essere umano (ad esempio, la scelta dei prompt, la selezione e modifica dei risultati).

Il dibattito si inserisce in un contesto ancora frammentato. Alcuni studiosi propongono di attribuire i diritti al proprietario o licenziatario del software, altri sostengono che l’opera generata da AI dovrebbe ricadere nel pubblico dominio.

Le questioni chiave

  1. Originalità

    • I sistemi generativi rielaborano dati esistenti. L’output è davvero originale o è una rielaborazione di opere preesistenti?

  2. Autorialità

    • Se l’umano si limita a inserire un prompt, il suo ruolo creativo è sufficiente per rivendicare la paternità?

  3. Responsabilità

    • In caso di violazione (es. plagio, deepfake, uso non autorizzato di materiali protetti), chi risponde? L’utente, il proprietario della piattaforma o l’AI stessa (concetto giuridicamente inaccettabile oggi)?

  4. Sfruttamento commerciale

    • Le aziende che intendono monetizzare contenuti generati da AI devono chiarire contrattualmente la titolarità dei diritti e i limiti di utilizzo.

Impatti concreti per creativi e imprese

  • Artisti e designer: rischiano di vedere i propri stili riprodotti senza consenso, ma al tempo stesso possono usare l’AI come strumento di potenziamento creativo.

  • Imprese e startup: devono strutturare contratti chiari con dipendenti, collaboratori e fornitori che utilizzano AI, specificando la titolarità dei diritti e le modalità di sfruttamento commerciale.

  • Editoria e media: sono chiamati a stabilire policy interne per distinguere contenuti creati da esseri umani e contenuti generati o assistiti dall’AI.

Possibili soluzioni

  1. Attribuzione contrattuale

    • Prevedere clausole nei contratti che chiariscano la titolarità delle opere generate con AI.

  2. Etichettatura e trasparenza

    • Introdurre obblighi di dichiarazione per distinguere contenuti “AI-assisted” da quelli “AI-generated”.

  3. Approccio “strumentale”

    • Trattare l’AI come una fotocamera o un software di editing: il diritto d’autore resta a chi ha preso le decisioni creative sull’opera finale.

  4. Nuove tutele “sui generis”

    • Alcuni propongono un diritto specifico, simile ai diritti connessi, che riconosca valore economico ai risultati dell’AI senza chiamarli “opere protette da copyright”.

Conclusione

Il diritto d’autore è stato costruito intorno all’uomo come autore-creatore. L’arrivo dell’intelligenza artificiale generativa costringe giuristi, legislatori e creativi a ridefinire le categorie tradizionali.

Per ora, la regola è chiara: senza un contributo creativo umano non c’è copyright. Ma la pressione economica e tecnologica spingerà verso soluzioni nuove, capaci di bilanciare innovazione, mercato e diritti dei creativi.