Manca poco al 2 agosto 2025, data chiave per l’entrata in vigore degli obblighi previsti dall’AI Act (Reg. UE 2024/1689). Entro allora, i fornitori di modelli di intelligenza artificiale generativa dovranno garantire il rispetto del diritto d’autore nell’attività di text e data mining (TDM), consentendo ai titolari dei diritti di esercitare l’opzione di opt-out.
Ma come si esercita, concretamente, questa riserva?
Le soluzioni tecniche attuali – come il vetusto robots.txt – non convincono il settore culturale. Alternative più mirate, come Spawning o ai.txt, stanno emergendo, ma il quadro resta frammentato. La recente sentenza del Tribunale di Amburgo (Kneschke/LAION, 27 settembre) ha riconosciuto la validità di un opt-out espresso in linguaggio naturale, rilanciando il dibattito su come interpretare il regolamento.
Un registro unico per l’opt-out?
Per portare ordine, la Commissione Europea sta valutando la creazione di un registro centrale delle riserve. Potrebbe essere gestito dall’AI Office o dall’EUIPO, e servirebbe a offrire una piattaforma chiara e accessibile per chi intende escludere le proprie opere dall’addestramento dei modelli AI.
Ma restano dubbi:
Chi sosterrà i costi di gestione?
Non rischia di diventare un ostacolo burocratico per i creatori?
Perché formalizzare un diritto già tutelato per legge?
Innovazione sì, ma non a discapito del diritto d’autore
L’Europa punta sull’intelligenza artificiale, ma dovrà farlo tutelando anche il lavoro di autori, editori e creatori di contenuti. La soluzione? Forse uno standard semplice e condiviso per l’opt-out, senza complicazioni né zone grigie.
Il dibattito è aperto. Il tempo stringe.