Fino al dicembre 2012 i fornitori di energia elettrica hanno automaticamente addebitato in bolletta alle imprese utilizzatrici l’imposta addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica, per un importo variabile in base alla provincia di erogazione.
Nel 2011, tuttavia, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato l’incompatibilità tra la normativa europea e quella italiana istitutiva dell’imposta addizionale provinciale all’accisa e quest’ultima è stata conseguentemente abrogata nel territorio italiano con decorrenza dal 1 dicembre 2012.
Ne è derivato un esteso e travagliato contenzioso che ha avuto epilogo nel 2019, quando la Suprema Corte di Cassazione, con alcune pronunce del tutto analoghe tra di loro e riguardanti fattispecie nelle quali le imprese utilizzatrici finali avevano generalmente agito nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per richiedere il rimborso delle accise versate, ha affrontato e risolto due temi specifici: (i) l’incompatibilità della disciplina nazionale sulle accise con la legislazione comunitaria e (ii) il conseguente possibile rimborso al consumatore finale delle imposte addizionali indebitamente riscosse.
La Suprema Corte ha in tale sede espresso i seguenti principi:
1) il soggetto obbligato al pagamento delle accise nei confronti dell’Amministrazione doganale è unicamente il fornitore;
2) il fornitore può addebitare integralmente le accise pagate al consumatore finale;
3) i rapporti tra fornitore e Amministrazione doganale, da una parte, e fornitore e consumatore finale, dall’altra, sono autonomi e non interferiscono tra loro;
4) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere il rimborso delle accise indebitamente corrisposte direttamente all’Amministrazione finanziaria;
5) il diritto al rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria spetta unicamente al fornitore, che può eccezionalmente esercitarlo:
a. nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due
anni dalla data del pagamento (che diventa dies a quo per la prescrizione del diritto a chiedere il rimborso);
b. nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti una azione giudiziaria di ripetizione di indebito ed entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza;
6) nel caso di addebito delle accise e delle addizionali al consumatore finale, quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore.
Le menzionate pronunce della Cassazione hanno pertanto riconosciuto l’inequivocabile diritto del consumatore finale, che ha un rapporto diretto di natura privatistica con il fornitore del servizio, di agire esclusivamente in sede civile nei confronti delle società fornitrici di energia elettrica al fine di accertare l’indebito pagamento effettuato a titolo di addizionale provinciale sull’accisa sull’energia elettrica nel periodo di riferimento 2010-2011 e richiederne quindi il rimborso integrale.
Ne è inoltre indirettamente emersa l’impossibilità sostanziale, per le medesime imprese fornitrici, di addivenire ad un accordo transattivo – conciliativo con il consumatore finale, sia stragiudizialmente che in giudizio, potendo le prime a propria volta esercitare la domanda di rimborso nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria soltanto nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente l’azione giudiziaria di ripetizione di indebito ed entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Ciò implica che il consumatore finale, per quanto gliene sia stato chiaramente riconosciuto il diritto, potrà ottenere il rimborso delle accise e delle addizionali indebitamente versate al proprio fornitore nel biennio in questione (2010-2011) solamente promuovendo vittoriosamente la relativa azione giudiziale.
Ne sono seguite, a fine 2020, le prime rilevanti sentenze applicative di merito (Tribunale di Milano e Tribunale di Mantova) dove, accogliendo integralmente le domande di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 cod. civ. promosse dalle società consumatrici finali nei confronti del fornitore di energia elettrica, i Tribunali hanno conseguentemente condannato il fornitore di energia elettrica a restituire alle società ricorrenti le somme versate a titolo di addizionali alle accise versate negli anni 2010 e 2011.
Accertata la debenza delle addizionali indebitamente versate, rimane a questo punto onere delle imprese utilizzatrici finali, prima di poter avviare l’eventuale iter giudiziario di rimborso,
adoperarsi al fine di interrompere tempestivamente e correttamente la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito, che è pari a 10 anni.
Decorso questo termine, infatti, ogni pretesa e diritto del consumatore finale nei confronti delle società fornitrici di energia elettrica potrebbe essere definitivamente pregiudicata.
Ad oggi quindi, per chi non avesse interrotto il termine di prescrizione per l’anno 2010, rimane ancora la possibilità di farlo quantomeno per l’anno 2011.