Fase due: misure di contenimento del contagio da Sars Cov-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione.

Siamo alla soglia del secondo tempo e l’Italia non può trovarsi impreparata ma deve puntare alla rimonta per vincere questa difficile partita contro un nemico invisibile particolarmente arduo da sconfiggere.

Le manovre del Governo per fornire alla squadra italiana i mezzi migliori per scendere in campo sono molteplici e puntano ad un graduale sviluppo di schemi volti a prevenire e mitigare il rischio di contagio per i lavoratori che ricominceranno a fornire la propria prestazione lavorativa.

Meritano attenzione il DPCM del 26 aprile 2020 che, dal 4 maggio 2020, modifica e sostituisce il DPCM 10 aprile 2020, con le dovute eccezioni; il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, già sottoscritto il 14 marzo 2020 su invito del Presidente del Consiglio dei ministri e sottoscritto con la partecipazione e l’accordo tra le parti sociali, e aggiornato al 26 aprile 2020; il documento tecnico INAIL sulla rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e le strategie di prevenzione; il tutto in accordo con il T.U. sulla sicurezza per il lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) ed il c.d. Decalogo delle misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute.

Ebbene, unico obiettivo comune è la ripartenza delle attività produttive ma in presenza di condizioni che assicurino ai lavoratori adeguati (ed elevati) livelli di protezione.

In primo luogo, il Protocollo sottoscritto tra governo e parti sociali emana linee guida condivise per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio e si compone di 13 articoli relativi rispettivamente a: obbligo d’informazione; modalità di ingresso in azienda; modalità di accesso dei fornitori esterni; pulizia e sanificazione in azienda; precauzioni igieniche personali; dispositivi di protezione individuale; utilizzo e la gestione degli spazi comuni; organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e smart work, rimodulazione dei livelli produttivi);gestione entrata e uscita dei dipendenti; spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione; gestione di una persona sintomatica in azienda; sorveglianza sanitaria/ medico competente/ RLS.

Il già menzionato Protocollo costituisce un allegato del DPCM del 26 aprile 2020 e deve essere adottato presso la totalità delle attività produttive, pena la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Con ciò si è inteso rendere univoco l’obbligo di focus sugli standard di sicurezza al fine di evitare che, al contrario, la tristemente famosa curva dei contagi possa nuovamente subire un’impennata.

Per tale ragione resta di fondo l’obbligo di favorire il massimo utilizzo possibile di modalità di lavoro a distanza o lavoro agile (smart working).  Per le attività che non possano essere svolte in smart working, previa valutazione del rischio sarà necessario: (i) adozione delle misure di sicurezza da riflettere in (ii) protocolli aziendali di sicurezza anti-contagio; (iii) adozione di adeguati strumenti di protezione individuale ed ambientale; (iv) adozione di ogni misura ritenuta utile al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori, anche suggerita dal medico competente, in considerazione del suo ruolo nella valutazione dei rischi e nella sorveglianza sanitaria; (v) limitazione al massimo degli spostamenti all’interno dei siti e contingentamento dell’accesso agli spazi comuni;  (vi) sanificazione periodica dei luoghi di lavoro, anche utilizzando, a copertura della sospensione delle attività, gli ammortizzatori sociali(vii) stipulazione di intese con le organizzazioni sindacali; (viii) nomina di un responsabile aziendale per la gestione del rischio, con cui i dipendenti possano interfacciarsi per richiedere chiarimenti[1]; (ix) nomina di un responsabile per le comunicazioni con le autorità e i servizi sanitari per la segnalazione tempestiva di casi di contagio e di sospetto contagio.

Appare peraltro opportuno specificare che l’eventuale mancato adeguamento interno delle attività produttive al Protocollo comporterà non solo la sospensione dell’attività ma anche eventuale addebito di responsabilità, civile e penale, al datore di lavoro per i danni subiti dal lavoratore.[2]

A tutto quanto sopra si aggiunga che ad oggi, (e già sulla scorta dell’articolo 42 del Decreto Cura Italia, come modificato dalla relativa legge di conversione), i casi accertati di infezione da COVID-19 “in occasione di lavoro” sono equiparati ad infortunio sul lavoro con conseguente copertura INAIL.[3]

Ecco che, come si evince dalla tavola sinottica che si allega, l’INAIL ha provveduto ad emettere un documento tecnico sulla rimodulazione delle misure di contenimento del contagio di Covid19 nei luoghi di lavoro e le strategie di prevenzione.

Le misure di prevenzione prese in esame dall’Istituto posso essere cosi classificate:

- misure organizzative: estremamente importanti per molti aspetti nell’ottica dell’eliminazione del rischio che riguardano la gestione degli spazi di lavoro (rimodulati nell’ottica del distanziamento sociale perseguito dallo scoppio della pandemia); la rimodulazione degli orari di lavoro con articolazione in turni al fine di evitare aggregazioni sociali.

- misure di prevenzione e protezione: in accordo con quanto previsto dal T.U. sulla sicurezza sul lavoro dovranno essere adottate isure di carattere generale e specifico commisurate al rischio di esposizione al contagio da Covid19 negli ambienti di lavoro privilegiando misure di prevenzione primaria.

Con ciò si intende non solo una adeguata ed incisiva attività di informazione e formazione, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi, ma anche l’obbligo per i datori di lavoro di fornire le mascherine (ormai ritenuti DPI) ai propri dipendenti, nonché l’obbligo di sanificazione degli ambienti.

- Misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici: considerato che l’inizio di questo “secondo tempo” è particolarmente incerto, bisogna purtroppo considerare il rischio di una riattivazione di focolai nei luoghi di lavoro. Appare, quindi, opportuno mettere in atto una serie di misure volte a contrastarli.

Vanno rafforzate tutte le misure di igiene già richiamate e va altresì attuata la procedura del controllo della temperatura corporea sui lavoratori, prima dell’accesso al luogo di lavoro: se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5° C, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro.

Si attendono nuove linee guida per la fase successiva al 17 maggio 2020.



[1] il citato Protocollo 24 aprile 2020 prevede altresì la creazione di un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo, con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), in alternativa è previsto un Comitato Territoriale costituito dagli Organismi Paritetici per la salute e la sicurezza.

[2] Il che evidentemente comporterà una modifica con maggiore attenzione del Modello organizzativo di cui al D. Lgs. n. 231/2001, al fine di evitare una ri-organizzazione aziendale confusa ed improvvisata, che improvvidamente tralasci alcuni profili di prevenzione del rischio che invece, negli ultimi anni, le imprese italiane avevano imparato a considerare.

I legali sono già pronti ad assistere i propri clienti nella fase riorganizzativa al fine di evitare scomodi e problematici contenziosi in sede giudiziale.

[3] Si precisa, altresì, che con la circolare INAIL 13/2020 è stato previsto che la tutela assicurativa opera anche nei casi di infezione da Covid-19 contratta nel tragitto casa-lavoro (c.d. infortunio in itinere). Per alcune categorie di lavoratori, particolarmente esposte al rischio di contagio, sussiste una presunzione semplice dell’origine professionale dell’infezione contratta (es. personale sanitario, lavoratori che operano in front-office).