La messa a disposizione in rete di file protetti dal diritto d’autore non è attività di per sé illegale. Questo è quanto ha recentemente riconosciuto il Tribunale di Frosinone, annullando una sanzione di oltre 550mila euro emessa a carico di un gestore di siti che permettono di vedere film pirata online. Per la precisione, il giudice ha accolto il ricorso contro una ordinanza del 2015, con la quale si era ingiunto al sito web di pagare una somma di denaro, a titolo di sanzione amministrativa, per avere violato l’articolo 171-ter, comma 2, lettera a-bis della legge 633 del 1941. Secondo i giudici del tribunale, infatti, la violazione del diritto d’autore sui siti che ospitano link a streaming di film e musica non è automatica, ma necessita di un’indagine volta a stabilire la sussistenza del fine di lucro, elemento previsto dalla lettera dell’articolo 171-ter. Nel caso concreto, il giudice ha escluso la presenza di uno scopo di lucro, nonostante il sito web faccia uso di banner pubblicitari. La condivisione di file protetti dal diritto d’autore, secondo il Tribunale di Frosinone, è un risparmio di spesa e non un’attività con finalità di lucro e dunque non sarebbero applicabili né le disposizioni penali né le conseguenti sanzioni amministrative previste dalla legge 633 del 1941. “Occorre dimostrare che l'attività di lucro sia collegata alla singola opera e che ne sia il corrispettivo, perché altrimenti siamo in presenza di un risparmio di spesa e non di una attività di messa a disposizione per finalità di lucro", dice l’avvocato del gestore del sito, Fulvio Sarzena. "Ne consegue che, al fine della commissione dell'illecito in esame, deve essere raccolta la prova dello specifico intento del file sharer di trarre dalla comunicazione al pubblico, per il tramite della messa in condivisione in rete di opere protette, un guadagno economicamente apprezzabile e non un mero risparmio di spesa", si legge nella curiosa sentenza. Il giudice non ha ritenuto ci fossero prove a sufficienza per dimostrare che i guadagni del sito fossero direttamente collegati ai singoli film piratati i cui link erano a disposizione sul sito. Per la prima volta, provare la concreta finalità di lucro dei siti di questo tipo è stato considerato rilevante per decidere una sanzione. Il fine di lucro è il requisito essenziale di punibilità e, in base alla sentenza, non sarà più possibile oscurare automaticamente un sito che fornisce link diretti a streaming di film. Ma cosa prevede la legge italiana sul diritto d’autore e perché questa sentenza fa discutere? La regola generale è riconducibile all’articolo 171, comma 1, lettera a-bis, che prevede che “è punito con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, mette a disposizione del pubblico, immettendo in un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere un’opera dell’ingegno protetta da o parte di essa”. Questa disposizione viene però sostituita dagli articoli 171-bis e 171-ter comma 2, quando, rispettivamente, si è in presenza di duplicazione abusiva di programmi per elaboratore oppure di duplicazione, a scopo di lucro, e vendita di opere tutelate dal diritto d’autore. Inoltre, l’articolo 174-bis prevede l’affiancamento di una sanzione amministrativa applicabile a tutte le violazioni della legge sul diritto d’autore previste nella sezione II, del capo III della legge sul diritto d’autore e quindi a quei comportamenti che costituiscono anche illecito penale. Sembrerebbe dunque che i giudici del tribunale del Lazio abbiano applicato con rigore le disposizioni dell’articolo 171-ter, richiedendo che il fine di lucro sia esito di una precisa attività inquirente, dimenticandosi però di tutto il complesso normativo in cui questo articolo è inserito e della ratio che ne costituisce il fondamento: garantire all’autore di un’opera dell’ingegno la titolarità dei diritti morali e patrimoniali connessi. Per questo, fino ad ora, le piattaforme web di divulgazione di link per lo streaming sono sempre state oscurate. Nel caso specifico, inoltre, la presenza sul sito di pubblicità, costituirebbe lo scopo di lucro richiesto dalla norma, non essendo necessario che ogni singolo link sia corredato da una specifica pubblicità. La sentenza fa già discutere e in molti parlano di un notevole passo indietro nella lotta contro la pirateria.