L'uso del patronimico dopo la cessione del marchio. Il caso Fiorucci

Recentemente la Corte di Cassazione ha emesso un interessante sentenza sull’uso del patronimico come marchio, che può avere rilevanti conseguenze nel modo del design e della moda. Come è noto molti marchi in questo settore industriale s’identificano con il nome del fondatore ed al riguardo basti ricordare brand come Calvin Klein, Giorgio Armani, Valentino che in questo ultimo caso ha visto il fondatore della maison uscire dal capitale alla fine degli anni 90.

Orbene è spesso accaduto che l’uso del patronimico da parte del fondatore successivamente dalla cessione dell’azienda fosse dalla giurisprudenza considerato lecito in quanto usato in maniera puramente descrittiva del nome dello stilista e non in maniera distintiva.

Pertanto, dopo la cessione del marchio Fiorucci avvenuta nel 1990 da parte di Elio Fiorucci al gruppo giapponese Edwin International pareva pacifico che la creazione di un nuovo marchio denominato Love Therapy by Elio Fiorucci fosse assolutamente lecito in quanto riferibile ad una mera paternità stilistica.

Con la recentissima sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito che l’uso dell’uso del patronimico, nel caso di cessione di marchio crea un agganciamento che interferisce con l’uso del segno ceduto assurgendo, il patronimico ad un marchio di fatto.

Resta da comprendere come si possa parlare di agganciamento quando tra la cessione del marchio Fiorucci avvenuta nel 1990 e il lancio del progetto Love Therapy by Elio Fiorucci sono passati oltre 13 anni ed il celebre negozio di San Babila aveva chiuso i battenti proprio nel 2003.